Discutibile o meno la scelta di H&M di collaborare con Maison
Martin Margiela per la sua ultima capsule collection, resta una sola
certezza (comprovata di persona)…
Qualche giorno fa mi trovavo nel punto vendita H&M di Venezia, all’ultimo piano,
dove in questi giorni sono stati ormai relegati gli ultimi saldi, tra i quali
anche qualche sfortunato pezzo griffato Margiela,
rimasto invenduto, e mi è capitato di assistere alla seguente scenetta (ndr: è
tutto vero):
Una signora – volendo calcare la mano potrei
ammettere che si trattava della classica MILF veneziana, con poca classe e
appariscenza da vendere – prende in mano uno dei 3, forse 4, biker (vedi foto)
di Margiela, rieditati in occasione
della suddetta capsule collection, e si reca contrariata dalla commessa del
reparto. Le sventaglia sotto il naso il giubbotto e le chiede:
- Mi scusi,
capisco che siano anche in saldo a metà prezzo, ma è mica che ne avrebbe uno
non fallato?!
Se mai ho avuto pietà di una commessa fu per quella.
E tutto ciò a riprova che, va bene incentivare un
marchio low cost, affiancandolo in piccole esperienze di cobranding a grandi
case di moda, ma l’operazione necessita anche di un po’ di accortezza: se
appositamente il marchio del quale ci si vuol fregiare si rivolge ad un mercato
di nicchia, all’interno dello stesso universo della moda, difficilmente la
massa, cui si rivolge H&M da
sempre, riuscirà ad apprezzare quegli stessi capi. A maggior ragione se vengono
solamente rispolverati dall’archivio di una maison come Margiela, senza essere appositamente rivisitati per la nuova fascia
di mercato a cui vogliono rivolgersi.