Perché proprio Blue Monday Vodka?

Non vi capita mai, il lunedì mattina, di lasciar suonare la sveglia per ore prima di trovare la forza di alzarvi?
Tutto gioca a vostro svantaggio: il doposbornia vi attanaglia dal weekend, il tepore delle coperte certo non aiuta, il lavoro che vi aspetta, il caffè che è finito giusto ieri...
Blue Monday Vodka: la valida alternativa al cordiale del lunedì ore 7:00

sabato 9 febbraio 2013

UN CLASSICO INTRAMONTABILE: L'ABITO FORD



Ritratto immaginario di Coco Chanel nel suo abito ‘Ford’, by Karl Lagerfeld.

Cos’hanno in comune Le Petite Robe Noire e una Ford?
Sembra una domanda in pieno stile Lewis Carroll, ai limiti dell’insensato (“Perché un corvo assomiglia ad una scrivania?” Alice nel Paese delle Meraviglie, 1865).  E invece fu l’autorevole Vogue ad ipotizzare il paragone nel 1926, anno di creazione dell’ormai celeberrimo ‘Little Black Dress’.
All’epoca il guardaroba della signora perbene prevedeva svariati cambi d’abito per le differenti occasioni d’uso, e relegava l’uso dei lineari – e poco attraenti – abiti in tinta unita neri alle sole vedove, per antonomasia quelle della Grande Guerra.
Fu la stilista Coco Chanel ad attuare una sorta di ‘rivoluzione copernicana’ del bon ton. Dall’astronomia, alla filosofia, per approdare nel ‘900 ad una radicale modernizzazione della moda, e di conseguenza degli usi e costumi.
E la Ford perché?
Semplicemente perché, negli stessi anni, la modernità della tecnologia e del design – del prodotto in questo caso -  era stata resa accessibile su larga scala per la prima volta con la produzione in catena di montaggio delle auto Ford.
E l’innovativo abito di Chanel, con il suo taglio classico, la pratica lunghezza al ginocchio, dinamica ma al contempo di sobria eleganza, ed il colore nero neutrale, lo rendevano quello che oggi è universalmente considerato come l’abito passepartout: il tubino nero, e che all’epoca appariva come un’avanguardia ai limiti dell’azzardo.
Di fatto però, noi ne siamo testimoni, il tempo avrebbe dato ragione alla visionaria Coco. Il suo abito universale finì con l’affiancare capi molto differenti tra loro per foggia ed utilizzi, se pur mai soppiantandoli, ma mai nemmeno sembrando il parente povero e sciatto.
Il capo che più risentì di tale rivoluzione fu l’abito da cocktail, che venne pressoché soppiantato dal nuovo tubino.  In primo luogo per la sua evidente anti-praticità, a confronto con il nuovo ritrovato della modellistica, ed in secondo luogo per le sue limitate possibilità di utilizzo: il nome stesso lo suggerisce, l’abito cocktail ha persino un orario prestabilito per il suo utilizzo. La concorrenza di mercato era schiacciante – proprio come lo era stata l’utilitaria Ford, anch’essa inizialmente prodotta solo in nero, che democratizzava il lusso – perché il tubino nero permetteva di essere indossato anche al posto dell’abito da sera. Dunque tra l’happy hour e la soirée diveniva superfluo il cambio d’abito, perché questo eclettico vestitino uniformava tutte le signore di buon gusto sotto la stessa bandiera, in una società che si avviava ad una vita sempre più frenetica, e nella quale essere presentabili in ogni momento, ottimizzando i tempi tra vestizione e toletta, avvantaggiava la donna già di per sé.
Tuttavia sarebbe sbagliato considerare l’abito ‘Ford’ come un mero dispositivo da femministe frenetiche; tutt’altro. Esso fu infatti ben presto adottato nel guardaroba delle signore rispettabili e di buon gusto, fatto questo che, da solo, gli sarebbe valso a garantire la sua immortalità nella storia della moda. Infatti a tutt’oggi resta ancora un ‘must have’ per ogni donna, al contrario della superata Ford. L’allievo ha superato il maestro.